«Io sono il Fiume e il Fiume è me»
Secondo la giurisprudenza tradizionale, la natura ha sempre costituito una proprietà priva di diritti legali: le leggi sull’ambiente si sono quindi, finora, concentrate unicamente sul regolamentarne lo sfruttamento. Tuttavia, i diritti del mondo naturale sono stati recentemente riconosciuti in Ecuador, Nuova Zelanda e India, dimostrando che un cambiamento di direzione è possibile.
In accordo con la tradizionale visione del mondo dei Quechua nelle Ande, l’Ecuador, nel 2008, ha approvato un nuovo mandato costituzionale che dichiara che il mondo naturale ha il diritto di esistere, essere preservato e rigenerarsi, diventando il primo paese che riconosce legalmente diritti alla natura.
Secondo l’Articolo 71: «La Natura, o Pachamama, in cui la vita viene creata e riprodotta, ha il diritto di esistere e di essere integralmente rispettata, così come ha il diritto di essere sostenuta e di rigenerarsi attraverso i suoi cicli vitali, le sue strutture, le sue funzioni e i suoi processi evolutivi. Ogni persona, comunità, popolo o nazionalità può richiedere alla pubblica autorità che questi diritti vengano riconosciuti».
In Nuova Zelanda il Parco Nazionale Te Urewera, nel North Island, è stato riconosciuto persona giuridica nel 2014. Il governo ha rinunciato alla proprietà formale, e la terra è ora un’entità legale con «tutti i diritti, i poteri, i doveri e gli oneri di una personalità giuridica». Acquisire personalità giuridica significa che le azioni legali per proteggere la natura possono essere intentate per conto della natura stessa, senza il bisogno di dimostrare alcun tipo di danno per gli esseri umani.
Questa inusuale decisione è il risultato degli accordi sanciti tra il governo neozelandese e alcuni gruppi Maori che si sono battuti a lungo per la salvaguardia della natura del paese. Secondo Chris Finlayson, procuratore generale della Nuova Zelanda, il problema è stato risolto adottando la prospettiva dei Maori: «nella loro visione del mondo, ‘io sono il Fiume e il Fiume è me’… la loro regione geografica è parte e particella di ciò che sono». Pita Sharples, allora Ministro degli Affari, ha sostenuto che l’accordo «è una radicale alternativa all’umana presunzione di sovranità sul mondo naturale», Jacinta Ruru dell’Università dell’Otago ha definito la legge «senza alcun dubbio legalmente rivoluzionaria», non solo per la Nuova Zelanda, ma per l’intero pianeta. Nel 2017 anche il fiume Whanhanui, il terzo per lunghezza in Nuova Zelanda, è stato dichiarato persona giuridica.
Sempre nel 2017, l’Alta Corte dell’Uttarakhand, in India, ha dichiarato il Gange e lo Yamuna persone legali. La designazione è stata poi estesa anche ai loro affluenti, inclusi i ghiacciai, i fiumi, i ruscelli, i rivoli, i laghi, l’aria, i prati, le vallate, le giungle, le foreste, le paludi, le praterie, le sorgenti e le cascate. Citando il caso della Nuova Zelanda, i giudici hanno decretato che i due fiumi e i loro affluenti sono «entità legali e viventi, aventi lo status di persona con tutti i corrispondenti diritti, doveri e oneri».
La legge indiana è caratteristica per due motivi: primo, i giudici si sono riferiti al nuovo status del fiume neozelandese Whanhanui come a un importante precedente che può condurre a stabilire più leggi di questo tipo, sia in India che altrove; secondo, diversamente dalla Nuova Zelanda, la legge Indiana è stata una risposta diretta all’aumento dell’inquinamento del Gange e dello Yamuna, e all’incapacità dei governi statali e federali di lavorare insieme per proteggere i due fiumi, che sono considerati sacri dalla maggior parte degli Hindu.
Anche questo precedente è importante. Se gli attuali regimi legali connessi ai diritti della proprietà non sono efficaci nella protezione degli ecosistemi minacciati, sono necessari nuovi modi di pensare e di agire. Purtroppo, il decreto dell’Alta Corte è stato annullato dalla Corte Suprema dell’India, la quale l’ha giudicato inapplicabile.
Il più radicale di questi sviluppi è avvenuto nella nuova costituzione dell’Ecuador, che non riconosce uno status speciale solo a determinate aree, ma sancisce i diritti alla natura di tutto il paese.
Si può fare un interessante paragone con il sistema americano del National Park, che è stato definito «la miglior idea Americana» da Ken Burns (e altri). Come Curis White sottolinea in We, Robots, «il National Park system è anche la nostra idea peggiore, perché pone una barriera con la natura al di là della quale siamo liberi di essere tanto distruttivi quanto vogliamo. Quando esci dal parco sei improvvisamente nel Mondo del Petrolio (la nostra ‘baraccopoli nazionale di automobili’, come la definisce James Howard Kunstler).»
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Garantire personalità giuridica ad alcuni luoghi, considerandoli speciali, non salverà né noi né la nostra biosfera, ma evidenzia un cambiamento incipiente nel concepire la nostra relazione con la terra. La poesia di Wendell Berry «Come essere un Poeta» dice che «non ci sono posti non sacri. Ci sono solo posti sacri e posti dissacrati». Noi dissacriamo il mondo naturale quando ci relazioniamo ad esso solo con fini strumentali ad altri obiettivi (come la crescita economica). Li ri-sacralizziamo quando realizziamo che meritano rispetto.
«Perché ogni cosa che vive è sacra»
(William Blake)
Traduzione da: David R. Loy (2018), Ecodharma, Buddhist Teaching for the Ecological Crisis, Somerville, MA: Wisdom Publications (pp.94-97)